Durante il periodo di isolamento per COVID-19 sono stata piuttosto in silenzio. Ne avevo bisogno perchè in un tempo così particolare avevo la necessità di capire un pò di più quello che stava succedendo intorno a me e dentro di me. Ricamando, ho fatto un bilancio, e ve lo racconto.
Per me non è stato un tempo particolarmente difficile, lo devo dire con onestà. Le vicende degli ultimi anni, quelle brutte ma anche e soprattutto quelle belle come lo studio, mi hanno “abituato” a restare in casa, a vivere il mio spazio come nido e rifugio. A me piace stare in casa.
Faccio un inciso: non sono stata immune da ansie. Non ho avuto entrata economica alcuna e abbiamo un mutuo importante sulle spalle. Ma sono tra i privilegiati che non hanno avuto familiari travolti da questa pandemia. E perciò, nel silenzioso rispetto del dolore altrui, mi sono data l’occasione per riflettere una volta ancora sul senso e il modo del mio agire, qui e ora.
Ho sentito il bisogno di delimitare meglio i contorni di ciò che ho fatto, che faccio e che farò. E questo mi è stato possibile cercando di delineare meglio gli spazi fisici dove si innestano e si dilatano quelli emotivi e mentali quando ricamo.
Con lo sguardo sempre orientato a definire una professione che negli ultimi anni ho scelto di costruire come un vestito a mia misura, mi sono concentrata su tre dimensioni fondamentali: il riordino, la ricerca e la progettazione. Perchè è su questi tre pilastri che si basa la mia ri-partenza umana e professionale oltre questo tempo appena trascorso. Oggi e … domani.
Perciò vi racconto di cosa ha significato per me riordinare.
Sono partita dal riprendere in mano i lavori incompiuti. Il primo lavoro che ho ripreso in mano è stato il mio studio sulle sfilature, cercando di terminare le tende per la mia piccola baita in uno dei miei luoghi del cuore, la valle di Macugnaga sotto il monte Rosa. Adoro le sfilature, mi regalano grandissime soddisfazioni ma ero stata costretta ad metterle da parte a causa di un accavallamento di impegni improvvisi e irrinunciabili. E’ stata una immensa gioia riprendere in mano questi lini ma… mi sono scontrata con … la “dimenticanza”! Ci sono dei passaggi che da sola non riesco più a fare. Per questo il lavoro non è ancora completamente concluso: ho bisogno dell’aiuto della mia maestra Laura che vedrò a breve. Entro l’estate, però, questo lavoro sarà concluso. Lo prometto a me stessa (oddio, l’ho detto!).
Subito dopo ho applicato due ricami alla parte frontale dei rispettivi top che preparo per mostrare alle fiere i virtuosismi della Broderie d’Art per come la intendo io. Il primo è il ricamo dell’oiseau de feu, dall’illustrazione di Charlotte Gastaut, ricamato sui toni del rosa che a molte di voi è piaciuto moltissimo e che avevo pubblicato anche sul mio profilo instagram. Il secondo, invece, è uno dei primi ricami che ho realizzato ispirandomi a un disegno dei primi del ‘900 della Maison Michonnet. Questo disegno, sviluppato in uno dei corsi dall’Ecole Lesage , l’avevo realizzato diversi anni fa con il crochet italiano quando ancora non avevo imparato ad usare il crochet de Luneville. Erano lì, in attesa di essere collocati, ora lo sono e sono bellissimi, finalmente valorizzati.
Ne ho poi approfittato per applicare alcuni fiori ricamati ad una camicia in seta nera sventrata dal mio gatto Baleno in un suo impeto di gelosia irrefrenabile. Sono i fiori colorati che avevo preparato e descritto del mese di febbraio raccontandoveli in questo post.
Mi sono dedicata anche alla catalogazione dei materiali, affinando la selezione per colore e tipologia. In particolare ho cercato di valorizzare tre antichi cassetti da tipografo che avevo trovato in un mercatino in Francia quando ancora abitavo là, mettendo in vista nuance di perline e paillettes. Ne ho approfittato per cercare di immaginare quali materiali ancora desidero per poter perseguire nella ricerca del mio personalissimo stile di ricamo. Ho poi riordinato tutti i disegni dei ricami già fatti e di quelli che ancora desidero fare e lo stesso ho fatto con gli scaffali dei libri sull’argomento.
Infine ho riordinato e ri-aggiornato il materiale dei corsi. Ho corretto gli errori e perfezionato le legendemcercando di conferire al tutto un’estetica più coerente con quello che, anche se ancora in bozza, è in linea teorica la cifra del mio stile.
I miei amici tipografi hanno da poco riaperto e quindi potrò verificare a breve come è la “resa” in stampa. Spero davvero che vi piacciano e che rendano l’esperienza dei corsi sempre più vivace e speciale, come vorrei che fosse sempre per ciascuno di voi.
Perchè vi ho raccontato tutto questo?
Semplicemente perchè in questo blog, che intendo come il diario di una ricamatrice, il mio diario, mi piace raccontare ciò che sperimento e vivo nel “costruire” questa professione. Ciò che veramente ho imparato da questa esperienza, e del quale dovrò tener conto, è che ciò che viene procrastinato è perso. Perché è stata necessaria una pandemia per costringermi a rallentare e trovare il per recuperare ciò che avevo lasciato indietro.
E’ questo il grande insegnamento di questo tempo: è davvero necessario completare un lavoro prima di lasciarmi sopraffare dalla smania di intraprenderne uno nuovo.
Slow-life è anche questo: non ingurgitare la vita ma assaporarla piano piano. Al ritmo del punto dopo punto. Il ritmo lento. Quello di cui mi piace raccontarvi: quello del ricamo.
This is another beautiful post!!
thanks once more, Catalina!
ben detto cara Miriam..
Grazie carissima…