Mi ci è voluto un po’ per farmi entrare nella testa che non si ricama solo con l’ago ma anche con il “crochet”: ma che cos’è esattamente e come usa?
Il crochet non è nient’altro che un uncino. Praticamente lo stesso strumento con il quale la nonna o la mamma ci hanno insegnato il mitico punto catenella quando eravamo bambine e imparavamo a sfidare la complicazione a colpi di lana colorata. L’“uncinetto”, semplicemente e inesorabilmente lui.
Nel ricamo però il filo non si annoda solo su sé stesso ma, attraverso questo uncino, viene passato da sopra a sotto un tessuto teso. Solo dopo il filo viene annodato su se stesso e si realizza così il punto catenella “appoggiato” sul dritto del tessuto.
Ecco quello che serve per un ricamo “a crochet”:
- un tessuto teso a telaio
- un uncino sufficientemente piccolo da trapassare senza “ferire” il tessuto
- un filato sufficientemente fine da far lavorare l’uncino con l’agio necessario a evitare tensioni e sfilacciature.
Precisione e pazienza faranno il resto.
Di questa tecnica si è cominciato a parlare dall’inizio dell’800 in Francia. L’elaborazione però non è stato appannaggio della sola cultura europea. Per quello che ho appreso finora lo hanno fatto anche gli abitanti dell’Asia Centrale e dell’India. Ciascuno ha evoluto il proprio punto catenella con il proprio uncino sperimentando arricciature, compenetrando colori e applicando materiali di infinite fatture. E qui trovano spazio perline di ogni tipo, paillettes, specchietti, cristalli e, ovviamente, filati di ogni tipo e qualità. Basta inserirli tra il tessuto e il punto catenella e il gioco è fatto. Solo a titolo di esempio sono “ad uncino” parte dei ricami uzbeki sui suzani così come i ricami zardosì dell’India del nord. Ho letto che sono a uncino anche alcuni ricami sul feltro di cultura mongola ma non li ho ancora mai visti. Come tutto ciò sia collegato ancora non l’ho scoperto.
Provo a stendere una semplice mappa mentale cercando di raccontarvi la prima parte del frutto delle mie ricerche e le mie deduzioni facendo una panoramica sulle terminologie utilizzate nelle varie culture per descrivere l’arte di “ricamare con un uncino”. Se trovate errori o imprecisioni fatemelo sapere, mi raccomando.
Nella letteratura internazionale anglofona il ricamare con un uncino (hook) e un filato su un tessuto teso “a tamburo” su un telaio si definisce “tambour embroidery”. Tecnicamente niente vieta di ricamare anche con un ago ma in generale questa definizione viene riservata all’utilizzo di un hook come strumento prevalente.
Se si applicano materiali (perline, paillettes, etc.) si utilizza spesso il termine “tambour beading”, intendendo beads con una accezione più ampia del puro significato letterale di “perle”. Letteralmente credo si potrebbe tradurre con “perlinamento su tamburo” (licenza poetica!); tecnicamente si deve intendere “tessuto teso a tamburo con applicazioni ad uncino”. In Francia il sinonimo utilizzato spesso è broderie de Luneville o broderie perlée de Luneville. In Italia non esiste una traduzione specifica: in linea generale si parla di “ricamo alta moda” perché i materiali applicati sono stati utilizzati quasi esclusivamente in questo ambito.
Se sul tessuto teso a tamburo oltre al crochet si ricama anche con l’ago si aumentano all’infinito le potenzialità dei materiali e la resa artistica. I francesi l’hanno chiamata Broderie d’Art integrando e mescolando le tecniche di applicazione di materiali vari con crochet alle tecniche della tradizione classica. Si è sviluppata a partire dalla fine dell’800 quando aumentavano le aspettative e le esigenze in fatto di moda. Ora si insegna nelle scuole statali e la si integra in un percorso formativo professionale con il rilascio di un diploma specifico. La Broderie d’Art è anche un ambito di sperimentazione dell’estro creativo esplorato da molti artigiani e artisti contemporanei.
Anche gli inglesi stanno prendendo molto sul serio l’arte del ricamo sia in progetti di conservazione del proprio patrimonio artistico-culturale sia in ambito formativo, anche a livello universitario, nelle scuole d’arte e di moda. Traducono in Art Embroidery il concetto francese di Broderie d’Art di cui vi ho appena raccontato.
Del mondo ispanico non ne so assolutamente niente. Conosco un pochino la tradizione ad ago di Madeira, la complessa a meravigliosa arte del ricamo in oro della Spagna centrale e del sud e ho giusto un’idea molto vaga delle tecniche messicane. Ma non aggiungo altro perché mi vergogno a semplificare millenni di tradizione di una così vasta area di mondo. Diciamo che ad oggi non ho notizia dell’utilizzo di un uncino nelle tecniche più tradizionali dei paesi ispanici. Ricordate però che è obiettivo di questo post anche essere smentite!
E in Italia? Da noi quando si dice “ricamo artistico” ancora non ci si intende. La mia esperienza come osservatrice in due fiere di settore quest’anno mi fa essere molto critica a riguardo. Chi ne ne parla, e includo anche me ovviamente, manca forse degli strumenti esplicativi adeguati. Chi invece ascolta è spesso ancorato ad un concetto limitato del ricamo che, come ho già lamentato più volte, rimanda il termine alle sole tecniche della tradizione classica.
Per mio limite e sfortuna non ho mai discusso di queste tematiche con qualcuno che studia moda. Forse nelle scuole si discute molto più apertamente e si sperimenta molto di più di quanto mi è dato di sapere. In questo ultimo anno sono stati introdotti corsi di ricamo in alcune scuole di moda, ma, che io sappia, si tratta di ricamo “alta moda” e quindi concepito con questo unico fine.
Il ricamo è molto, molto di più; cominciate ad intuirlo anche voi, vero? Se vi va di approfondire basta che inseriate le terminologie riportate in questo post su YouTube e vi si svelerà un mondo. E allora: buona esplorazione!
Dear Miriam,
Thank you for this interesting post.
Catalina
Thanks a lot Catalina! Happy to join your interest. In the coming days I will publish a post related to different type of “crochet” used in the world. I hope to meet your curiosity another time. Ciao!