Il giardino millefiori… ma abito a Milano e per il momento posso solo ricamare il giardino dei desideri. Ora vi racconto come sono nate l’idea e il progetto.
Ho abitato tante case e sono stata nomade per molti anni anche se, in fondo al mio cuore, penso di esserlo ancora. In tutti i luoghi e le case che ho abitato prima di fermarmi a Milano ho avuto un giardino.
Nel mio giardino di bambina c’erano rose, piante da frutto, betulle e un orto. E ampi spazi per andare in bicicletta e giocare a palla. Quando sono andata a vivere da sola c’erano edere e palme e fichi a nascondere antichi muri di una corte di provincia. Nei compound in Afghanistan, Sud Sudan e in Etiopia somala c’erano spazi per contemplare il cielo e far asciugare al sole capelli e lenzuola, mentre le piante crescevano rade, sconosciute, timide e meravigliose. In Francia abitavo un piccolo mondo dove le fioriture si dispiegavano all’alternarsi delle stagioni e ho imparato a dare nomi ai fiori azzurri di primavera, a quelli bianchi e gialli dell’estate, a quelli viola dell’autunno e agli arbusti d’inverno.
Poi sono approdata in città e non c’è stato più spazio per il giardino. Così ho cominciato cercare i fiori in un giardino immaginario e mi sono ritrovata nei colori dei giardini ricamati.
I primi che mi hanno incantato sono stati quelli di Kazuko Aoki. Giardini immaginifici di fiori spontanei piccoli, sottili e colorati. Raccontano le stagioni, la delicatezza, il silenzio dei giardini segreti. Dispiegano profumo di casa e invitano a stendere una coperta tra l’erba e assopirsi all’ombra di un salice con un libro sul naso.
Yumiko Higuci mi ha invece raccontato di giardini festosi e simbolici, giardini in cui il colore e la forma dischiudono significati da esplorare e condividere e nel quale abitano creature misteriose. Mi fanno venire voglia di pioggia e sole, fuoco e neve, silenzio e festa. Mi fanno sembrare il ricamo semplice ma è un’illusione: l’armonia che deriva dai lavori di questa ricamatrice è un capolavoro di ricerca cromatica, design e stile. E io che non sono un’artista faccio persino fatica a descriverla…
Poi è stata la volta delle lettere fiorite di Elisabetta Sforza che sono, a mio modestissimo parere, la delicata rappresentazione della bellezza dei fiori. Per quello che i fiori semplicemente sono: bellezza manifesta.
Ma quando ho trovato Thousand and one flowers di Canevas Folies ho trovato la mia vera e potente ispirazione: la progettazione del mio giardino immaginifico sarebbe partita da qui. Il mio giardino dei desideri sarebbe stato colorato, stilizzato e simbolico. E mi avrebbe consentito uno studio approfondito sulla resa dei punti base che avevo imparato, oltre che un significativo esercizio di tecnica.
E così mi sono cimentata nell’analizzare la rappresentazione stagionale dei fiori attraverso il disegno che non esercitavo da quando ero bambina e nella ricerca delle armonie cromatiche, scoprendo che non sono regolate dal solo istinto ma anche da norme fisiche e psicologiche. E dopo essere stata folgorata dalla ruota cromatica di Goethe mi sono ripromessa che avrei approfondito la questione con il tempo. Ma non ora.
“Ora” era il tempo di immaginare e progettare il mio giardino con l’istinto. E giardino è stato.
Per prima cosa è stato necessario aumentare la capacità di scelta dei colori in filati di cotone mouliné DMC, le “matassine”. Tra quelli recuperati da esperimenti realizzati 25 anni fa e quelli di comune utilizzo arrivavo al massimo ad una trentina di “esemplari”. Messo in conto l’investimento, ho scelto 120 nuovi colori.
Il passo successivo è stato quello di lasciarmi ispirare “rubando come un’artista”, così ho costituito una bacheca su pinterest per questo progetto scovando palette con protagonisti colori diversi per ogni stagione e fiori diversi per forme, dimensioni e colori, sempre raggruppati per stagioni. Perché il mio giardino non è pieno di piante a fioritura casuale, in ogni angolo è prevista una fioritura diversa, perché ogni stagione regala emozioni diverse, io lo so, e lo voglio sentire fino in fondo.
E così ho cominciato a disegnare, sentendo tutta la fatica di una creatività custodita inespressa per tanti anni. Ho sentito le mani pesanti, incapaci di seguire la mente, bloccate da apparente irreversibile inerzia. Ho forzato la mano, niente è uscito fluido dalle mie dita. Ma mi sono detta che era solo l’inizio e che anche per questo era necessario allenamento quotidiano, come per le parole, come per lo sguardo, come per i punti di ricamo. Era necessaria una rieducazione a riconoscere l’istinto attraverso esercizi di disciplina quotidiana e l’importante era cominciare. Il percorso, ne ero certa, mi si sarebbe dispiegato poco alla volta. E così l’estate, poi l’autunno, l’inverno e la primavera.
Poi ho cercato il tessuto. Un pezzo unico o quattro pezzi separati? Meglio pezzi separati: con un pezzo intero le possibilità di cucirci intorno qualcosa di utile sarebbero diminuite drasticamente. Ho ricopiato con la carta carbone su un misto lino grigio scuro con un po’ di fatica, per la verità, dato che il blu scuro del ricalco non contrastava bene con il grigio del misto lino. Avevo prima provato anche con una carta carbone gallino chiaro, di quelle specifiche per il ricalco da ricamo, ma il risultato è stato un disastro: contrasto pressoché nullo e tratto irregolare e ruvido. Quindi o la carta l’ho acquistata già “esausta”, oppure la marca non mi ha garantito la qualità necessaria…
Il misto lino grigio scuro si è rivelata una scelta a mio gusto molto azzeccata: i fiori chiari e luminosi di estate e primavera avrebbero risaltato perfettamente e le ombre calde e cupe dei rami e dei fiori di autunno e inverno si sarebbero appoggiate con la necessaria disinvoltura. Si è trattato di un misto lino Sotema Garda, di circa 15 fili per cm di medio peso, con trama in lino e ordito di cotone ritorto, acquistato tempo prima dalla maestra Laura per il semplice fatto che mi piaceva tanto il colore. E’ un tessuto perfetto per chi comincia e si deve allenare ad addomesticare ago e filati, insomma: un grande classico di ottima qualità.
Poi, a partire dalle palette raccolte ho cominciato la scelta dei colori dei filati di cotone da ricamo. Lo spettro cromatico delle matassine DMC consente di spaziare tra più di 400 colori; io ne disponevo di meno della metà. Mi ero detta che sarebbero stati più che sufficienti, ero arrivata addirittura a raccontare a me stessa che tutti i colori disponibili nella cartella colori DMC non erano necessari. Ma non è affatto vero: per riprodurre luminosità, contrasti e sfumature esattamente come ti pare di averle elaborate nella testa mi sono resa conto che servivano tutti… E così mi sono “accontentata” promettendo tra me e me che avrei dovuto approfondire la questione dei colori il prima possibile e aumentare l’investimento…
Raggruppati i colori per stagione ho cominciato a ricamare. Prima l’autunno, la mia stagione, quella con i miei colori preferiti…