Non ci sarebbe ragione di raccontare dei primi “pastrocchi” con l’ago se non fosse necessario farvi sapere come mi sono formata al ricamo nella città di Milano.
Dopo aver visto il film “Le ricamatrici” e aver preso consapevolezza che nel mio futuro lavorativo ci sarebbe stato l’ago (ma questo ve lo racconterò una prossima volta), la necessità di imparare a ricamare si è tramutata in urgenza non rimandabile. Ma qui è cominciata la vera difficoltà del percorso.
La mia necessità era quella di riuscire a portare avanti una formazione intensa ma regolare, di imporre al mio quotidiano un ritmo costante lungo tutto lo scorrere delle stagioni, che mi permettesse di far diventare consueti dei gesti che per il momento non lo erano affatto.
Era necessario imparare da mani esperte e consapevoli. E volevo farlo con lentezza. Mi “serviva” una maestra.
Ovviamente per questa ricerca sono partita da internet. Ho tuttavia constatato da subito che la disponibilità dei corsi era oggettivamente scarsa (nella capitale operosa!) oppure che la maggior parte delle maestre di ricamo non ha dimestichezza con SEO e/o simili, e quindi non sono facilmente “trovabili” tramite internet.
E così tra telefonate varie e peregrinazioni tra le mercerie più o meno in zona, ho scoperto che i corsi che mi venivano offerti non riuscivano ad essere avviati per scarsità di richieste, o erano costosissimi e molto mirati a tecniche specifiche delle quali nemmeno avevo sentito parlare, oppure erano intensivi e concentrati in poche ore tutte insieme, magari il week-end.
In tutto questo cercare mi sono resa conto di una cosa fondamentale: non avevo per niente le idee chiare. Cosa cercavo veramente? Cosa voleva dire “ricamare” per me? Cosa volevo imparare?
Mi è stato da subito chiaro che quello che cercavo e di cui avevo veramente bisogno era una esperienza formativa che mi permettesse, prima di tutto, di arrivare ad avere risposte precise a queste domande.
Ed è a questo punto che ho deciso di affidarmi: la prima maestra che mi avesse detto “sì, ti insegno io” sarebbe diventata la mia maestra. Avrei lasciato a lei il compito di indicarmi una strada da percorrere; le avrei lasciato il compito di fornirmi gli strumenti che riteneva necessari per imparare a “pensare” il mio ricamo. Io mi sarei solo lasciata condurre.
Così ho incontrato Laura di Ricamiamo Insieme. Le ho telefonato un lunedì sera e mi ha liquidato velocemente dicendomi che non poteva parlarmi perché stava tenendo il suo gruppo di lavoro proprio in quel momento, così ci siamo date appuntamento per il giorno successivo. Già da questo mi è piaciuta subito: le priorità mi dovevano essere chiare.
Il giorno dopo mi ha proposto di unirmi al gruppo di lavoro del lunedì sera. Non un vero e proprio corso, al momento non ne partivano, ma un gruppo di ricamo guidato di appassionati che lei seguiva uno ad uno nello sviluppo dei loro personali progetti.
Me lo ha consentito perché aveva un posto libero, di norma non succede, mi ha detto, perché per essere ammessi a questi gruppi sarebbe stato meglio saper già ricamare un pò. Ma quando la strada è quella giusta le congiunzioni astrali giocano a favore e il lunedì successivo ero già pronta con la mia scatola degli attrezzi a cominciare: una forbicina, qualche ago recuperato non si sa bene da dove, cotoni DMC della natura di residuati bellici, un metro da sarta (che serve sempre) e spilli (che non si sa mai). In fondo, anche se erano passati circa 25 anni dal mio ultimo lavoro, un pochino sapevo ricamare…
Mi sono presentata con largo anticipo con la mia scatoletta sottobraccio e, eccitata come una scolaretta, mi sono unita al gruppo tenendo a bada la mia consueta timidezza. E così ho dato il via ai “grandi classici”: nel giro di tre lezioni avevo già dimestichezza con tutti i punti base: filza, scritto, lanciato, erba, addirittura ripassato, catenella, margherita, festone, nodo francese, piatto, vapore e mosca.
Ho tracciato linee semplici, seguito onde contorte e imparato a fare angoli, ho colorato fiorellini microscopici, margherite gigantesche e foglie di tutte le taglie. Ho compreso la differenza tra percorrere un segno e riempire un vuoto servendomi di un piccolo ago e di un filo colorato. Mi sono allenata tracciando io stessa linee e contorni da seguire, costellazioni improbabili, foglie e petali. Pieni e vuoti. Ho cominciato a rendermi conto di quanto sia il filato a consentirmi l’interpretazione di un disegno e di quanto l’interpretazione di un disegno sia funzione della mia esperienza nella manipolazione di un filato, della sua resa e delle sue possibilità. Ho appreso ad interpellare i colori per rappresentare immagini più o meno chiare nella mia testa.
Ho compreso che non sapevo davvero niente.
Sono diventata consapevole di quanta strada era necessario percorrere per addentrarmi appieno nel mondo della tradizione perché volevo guardare un capolavoro di manualità e capire cosa avevo davanti. Capire se era fatto da mani sapienti, da materiali nobili, da fatiche infinite, da abilità straordinarie.
Ho compreso che avevo davvero voglia di percorrere questa strada perché anche io volevo arrivare a dire “hereusement que j’ai la broderie” (“per fortuna ho il ricamo”, Le ricamatrici, ndr.)
Ed ecco, il mio primo abbecedario di punti, il mio primo imparaticcio si era costituito nella mia mente e tra le mie dita. Avevo appreso i punti fondamentali le cui infinite declinazioni mi avrebbero condotto alla maggior parte delle tecniche dalle più antiche alle più moderne. Certo, mi mancavano i punti incrociati… ma mi sono sentita sollevata quando ho appreso che nemmeno Laura li amava particolarmente. Li avrei imparati più avanti, per ora mi bastava sapere che c’erano e che prima o poi li avrei affrontati.
Era la primavera del 2016 e finalmente stavo entrando nel mondo della tradizione e questo appuntamento sarebbe diventato consueto negli anni a venire. Sono ormai due anni e ancora, ogni lunedì, sento che il mio imparare è davvero senza fine.
Ero già entrata anche nel mondo del ricamo per la moda oltre che in quello del ricamo tradizionale. Due mondi in apparenza distanti. Ma ero decisa a trovare il momento di congiunzione tra i due.